giovedì 13 gennaio 2011

Poesia del mese

Dedicata a mio fratello, a tutti i matematici e fisici della mia famiglia che da sempre con umiltà riconoscono che queste bestiole capiscono l'Universo meglio di loro... e a tutti i gattofili!

Ode al gatto

Gli animali furono
imperfetti, lunghi
di coda, plumbei
di testa.
Pian piano si misero
in ordine,
divennero paesaggio,
acquistarono nèi, grazia, volo.
Il gatto,
soltanto il gatto
apparve completo
e orgoglioso:
nacque completamente rifinito,
cammina solo e sa quello che vuole.

L'uomo vuol essere pesce e uccello,
il serpente vorrebbe avere le ali,
il cane è un leone spaesato,
l'ingegnere vuol essere poeta,
la mosca studia per rondine,
il poeta cerca d'imitare la mosca,
ma il gatto
vuole solo essere gatto
ed ogni gatto è gatto
dai baffi alla coda,
dal fiuto al topo vivo,
dalla notte fino ai suoi occhi d'oro.

Non c'è unità
come la sua,
non hanno
la luna o il fiore
una tale coesione:
è una cosa sola
come il sole o il topazio,
e l'elastica linea del suo corpo,
salda e sottile, è come
la linea della prua di una nave.
I suoi occhi gialli
hanno lasciato una sola
fessura
per gettarvi le monete della notte.

Oh piccolo
imperatore sen'orbe,
conquistatore senza patria,
minima tigre da salotto, nuziale
sultano del cielo
delle tegole erotiche,
il vento dell'amore
all'aria aperta
reclami
quando passi
e posi
quattro piedi delicati
sul suolo,
fiutando,
diffidando
di ogni cosa terrestre,
perchè tutto
è immondo
per l'immacolato piede del gatto.

Oh fiera indipendente
della casa, arrogante
vestigio della notte,
neghittoso, ginnastico
ed estraneo,
profondissimo gatto,
poliziotto segreto
delle stanze,
insegna
di un irreperibile velluto,
probabilmente non c'è
enigma
nel tuo contegno,
forse non sei mistero,
tutti sanno di te ed appartieni
all'abitante meno misterioso,
forse tutti si credono
padroni
proprietari, parenti
di gatti, compagni,
colleghi,
discepoli o amici
del proprio gatto.

Io no.
Io non sono d'accordo.
Io non conosco il gatto.
So tutto, la vita e il suo arcipelago,
il mare e la città incalcolabile,
la botanica,
il gineceo coi suoi peccati,
il per e il meno della matematica,
gl'imbuti vulcanici del mondo,
il guscio irreale del coccodrillo,
la bontà ignorata del pompiere,
l'atavismo azzurro del sacerdote,
ma non riesco a decifrare un gatto.
Sul suo distacco la ragione slitta,
numeri d'oro stanno nei suoi occhi.

Pablo Neruda (trad. Roberto Paoli. Da Pablo Neruda, Poesie (1924-1964), Rizzoli 1988)

6 commenti:

Zap ha detto...

:) (Neruda però non aveva a che fare coi croccantini mi sa ;)

Diego ha detto...

Con tre amici felini in casa e un numero variabile in "bed & breakfast" nel garage non posso che apprezzare la poesia che centra, a mio avviso, il vero carattere del gatto.
Grazie Giulia ;-)

gattosolitario ha detto...

Visto il mio nickname non posso che apprezzare :)

Morgaine le Fée ha detto...

come piacerebbe anche a noi ri-avere un gatto! io rimpiango la mia Ginevra, e il Vikingo il suo Lucifer.
Ma perché sto Neruda associa il gineceo ai 'peccati'?

Giulia ha detto...

Mah, Neruda non e' famoso come femminista direi! Credo comunque sia semiironico come il resto della poesia e come tutte le Odi Elementari (prima o poi pubblichero' anche l'Ode alla cipolla!).
Anche a me manca la mia gatta, ma sono tanto sfigata da essere allergica al pelo dei gatti quindi non credo che ne avro' altri...

Anonimo ha detto...

Deh! Fantastico! Ma da dove sei uscito tu? :-D