giovedì 19 novembre 2009

I primi giorni di lavoro

Lunedì è stato finalmente il grande giorno che attendevo con un misto di trepidazione e di autentica fifa. L’appuntamento era per le dieci, infatti sulle carte che mi hanno fatto avere dall’ospedale c’è scritto: “non cominci prima delle 10 affinchè tu possa ricevere il miglior benvenuto possibile il primo giorno di lavoro” Suona bene no? Soprattutto per noi che siamo abituati a un benvenuto del tipo “lì ci sono i tuoi pazienti, arrangiati”.
Sveglia prestissimo perché dovevamo ancora sistemare un po’ di questioni del nido, così tra una telefonata e l’altra non ho avuto il tempo di preoccuparmi. Poi via, all’ospedale, dove sono arrivata con molto anticipo e questo mi ha dato la possibilità di soffermarmi nell’ingresso a studiare la piantina dell’edificio. Dopo un paio di minuti, vista evidentemente la mia aria da straniera sperduta, mi si è avvicinata una gentilissima volontaria della Croce Rossa che mi ha chiesto se poteva aiutarmi… un po’ vergognosa, l’ho ringraziata e ho proseguito.
Dovevo incontrare la responsabile amministrativa del mio reparto (qui la responsabilità di un dipartimento è divisa tra due persone, una che potremmo chiamare il “primario”, che si occupa della parte medica e una che sovrinetnde, appunto, a quella amministrativa), una signora al tempo stesso molto gentile ed estremamente efficiente che aveva già provveduto, oltre che alle formalità relative alla mia assunzione, a molte necessità pratiche e quindi nel giro di pochi minuti mi ha rifornito di: cercapersone, divisa, chiave magnetica per le porte con accesso riservato, codici e password varie e chiave di un ufficio provvisorio, ma che con mia grande gioia condividerò con Silvia e dove, meraviglia, ho una scrivania e un computer tutti per me (in realtà però gli ultimi 2 giorni sono stati così frenetici che non ho fatto in tempo a provarli!). Poi ha speso ben due ore del suo prezioso tempo ad accompagnarmi in giro per l’ospedale mostrandomi l’ubicazione dei vari reparti e servizi e illustrandomi alcune informazioni di base. Non ha mancato di informarsi del benessere di Riccardo, che sembra sia già famoso, forse grazie a Silvia e quindi, incoraggiata, ho trovato il coraggio di farle la domanda che mi stava più a cuore e cioè come fare se il bimbo si ammala. Per tutta risposta ho ottenuto uno sguardo meravigliato: be’ è OVVIO che se il bimbo si ammala devo stare a casa, basta comunicarlo entro le 8 del mattino e LEI si occuperà di trovare un sostituto… intendevo forse chiedere quali moduli devo compilare per essere rimborsata? E qui mi sono resa conto che si tratta davvero di un altro mondo.
En passant, tra una visita al centro dialisi e una alla saletta del caffè, mi ha comunicato che tutti i dipendenti del sistema socio-sanitario regionale hanno diritto a un rimborso fino a circa 150 euro l’anno per fare sport (!!!!!).
Dimenticavo di dire che l’intera conversazione si è svolta in svedese, ma in modo talmente chiaro e tranquillo che ho capito quasi tutto.
Per pranzo sono stata “presa in consegna” dal responsabile del Pronto Soccorso e sono finita a tavola tra lui e un altro collega più anziano che mi sorrideva benevolmente sparando intanto domande a raffica sull’Italia in generale e sulle mie esperienze da medico in particolare. Tutti qui non prendono sul serio le mie preoccupazioni sulla lingua, visto che Silvia ha imparato lo svedese in un mese e si dimostrano convinti che farò altrettanto (magari….). Di conseguenza mi parlano a raffica e a fine giornata ho la testa che mi scoppia.
Il pomeriggio l’ho passato tra una visita guidata del Pronto Soccorso, di cui è in programma una grande riorganizzazione e un primo assaggio del reparto in cui lavorerò per le prossime due settimane. Questo reparto è dedicato agli stroke sia in fase acuta che in corso di riabilitazione e alle altre malattie neurologiche, ciononostante ci lavorano quasi solo internisti con la possibilità di consultare un neurologo al bisogno. Come una vera stroke unit, dispone alcune telemetrie che vengono usate nella fase acuta ma anche di una palestra per la riablitazione, di fisioterapisti, logopedisti e psicologi “interni” e ci sono un infermiere professionale e un operatore ogni 7 letti!!! (e questo nonostante NON si tratti di un reparto semintensivo, scusate la precisazione per gli addetti ai lavori). Il lavoro è organizzato per squadre e il “giro” comincia sempre con un breefing in cui si discutono le novità relative a ciascun paziente e al quale partecipano tutti in ugual misura, fisioterapisti, operatori, infermieri, medici ecc ecc. Questo significa che quando il lavoro clinico inizia, tutti sono già informati di quello che c’è da sapere… e anche se per il momento capisco solo un 40% di quello che viene detto, vi assicuro che si parla proprio di tutto, dallo stato psicologico di un paziente, alle domande che pongono i suoi familiari, al piano di assistenza una volta che tornerà a casa e dovrà magari far fronte a una disabilità, insomma al centro c’è la persona e non la sua malattia. Inoltre il giro viene ripetuto allo stesso modo a fine giornata cosicché l’aggiornamento sulle novità è continuo.
L’organizzazione del lavoro qui è considerata molto importante e poco viene lasciato al caso. Ci sono tutta una serie di supporti informatici per gestire la cartella clinica (che non è mai cartacea neppure in parte), che per un neofita sono piuttosto complicati e infatti sto facendo abbastanza fatica. E’ infatti previsto un corso per imparare a usare questi programmi, ma per me non c’era posto fino a metà dicembre e così martedì sono stata affidata a una segretaria che, in circa un’ora e mezza, mi ha spiegato il funzionamento di base e nel contempo mi ha introdotta alle principali routine amministrative. Rimango ancora stupita dalla quantità di tempo che viene “investito” su di me per permettermi di imparare. Qui sembra che ogni persona sia considerata una risorsa preziosa e viene fatto ogni sforzo per metterla in condizione di “funzionare” bene all’interno della squadra, per cui mi sembra che basti davvero la buona volontà e la voglia di fare per integrarsi.
Infatti sempre martedì ho assistito a un meeting di tutti i medici del dipartimento dove sono stata anche presentata ufficialmente, in cui all’ordine del giorno c’era appunto “cosa fare per migliorare il reclutamento nel nostro reparto” cioè per fare in modo che studenti, tirocinanti e specializzandi che ci passano per necessità, abbiano voglia di rimanerci… come migliorare il livello della formazione, come migliorare l’ambiente di lavoro, la comunicazione e la collaborazione tra i medici esperti e quelli che stanno imparando. Va bene, è vero che in tutta la Svezia c’è carenza di medici, ma credo di non aver bisogno di fare commenti.
Ieri, infine, oltre a familiarizzare meglio con il reparto, ho avuto il corso di rianimazione cardiopolmonare di base e avanzata che viene fatto, di routine, a tutti i nuovi arrivati. Vi dico solo che, quando ho iniziato a lavorare da specializzanda a Padova, mi sono posta il problema di imparare a gestire un arresto cardiaco e l’unica soluzione che ho trovato è stata…. Iscrivermi da sola a un corso a pagamento!!!!!
La mia insegnante era un’infermiera specializzata che lavora in cardiologia. Ci siamo molto divertite perché il metodo ACLS (advanced cardiac life support, in svedese A-HLR) è piuttosto semplice ed uguale in tutto il mondo e poiché per me si trattava più che altro di un ripasso, bastavano due parole per intenderci… solo che quelle due parole dovevo dirle in svedese il che vuol dire che mi spiegavo più che altro a gesti!! Comunque, oltre al vocabolario essenziale e a un buon ripasso delle procedure, che non fa mai male, adesso ho imparato dove si trovano il defibrillatore (c’è un posto standard uguale per tutti i reparti) e una serie di altre cosucce utili e mi sento meno un pesce fuor d’acqua… anche se spero di non dover mettere in pratica niente prima di poter abbandonare il linguaggio dei segni!!!!

11 commenti:

Franco Fazio ha detto...

Sembra un film già visto , secondo un copione ”standard”, ed un pochino ti invidio (bara lite)….sai perchè…?

Vorrei tornare indietro nel tempo per avere la tua stessa età accoppiata al tuo entusiasmo, per ripetere la meravigliosa avventura che tu ti appresti a vivere.

….un ”un buffettino” al piccolo Vikingo!!!
Hej då, ha det så bra!

gattosolitario ha detto...

Certo che ti trattano bene e non si interessano della lingua, i medici non ci sono : ) Ed ovvio che sei una risorsa, ti pagano. Lavorare in Svezia dá molte soddisfazioni, assolutamente, soprattutto se sei il lavoratore.

Sul sistema sanitario in genere feci giá una lunga discussione con Silvia, c'é tanto da discutere! (anche perché ci lavoro anche io, anche se dall'altra parte della barricata).

Anonimo ha detto...

Dalla mia angolature molto particolare ....mi sembra sacrosanto che ti accolgano con tutti gli onori!!!!!

Comunque è bello sapere che è possibile coniugare l'efficienza con l'umanità e la gentilezza....ed anche che il famoso "conciliare casa e lavoro" non sia per forza solo un problema personale....

Mamma

Unknown ha detto...

Vorrei far leggere a quei decerebrati dei miei datori di lavoro quello che scrivi, la collaborazione, il contributo di tutti x far funzionare meglio le cose, l'interesse collettivo a rendere una persona autosufficiente, il rispetto x il lavoro degli altri, che se investi su una persona quella rende di più e rimane... davvero non ho parole.
In passato ho avuto la fortuna di lavorare x persone che credevano nelle persone, è davvero tutta un'altra vita. Goditi questa fantastica esperienza.
Un abbraccio stretto stretto, spero di vedervi presto
Luisa

Giulia ha detto...

@ Lu: comunque il posto dove lavori tu è popolato solo da psicopatici, per fortuna non tutta l'Italia è così... dai che ci vediamo presto, non avreste voglia di venire su in inverno? tra un po' sarà stagione di pattini!

@ Gatto: sono molto curiosa di conoscere la tua opinione sulla sanità svedese, Silvia non mi ha raccontato ancora niente. Per me che lavoro dentro l'ospedale, quello che salta subito agli occhi è che il numero di infermieri per numero di malati è molto maggiore e questo è sicuramente positivo, perchè consente appunto agli infermieri di lavorare con meno stress e di preoccuparsi di più dell'aspetto globale dell'assistenza, inoltre la distribuzione del lavoro tra i vari ruoli è più razionale. Poi si nota subito che la formazione pratica dei giovani medici è MOLTO migliore, tutti fanno delle rotazioni obbligatorie nei vari servizi e sanno desteggiarsi in tutti i campi della medicina anche se poi magari si specializzano in uno solo e questo aumenta sicuramente la sicurezza dei malati. Da noi il cosiddetto °tirocinio professionalizzante° in molti casi è una farsa e si consegue l'abilitazione senza un minimo di preparazione pratica, purtroppo durante la formazione specialistica le cose non sono molto migliori.
Poi ci saranno di sicuro aspetti negativi, sto aspettando di scoprirli

Francesca ha detto...

Giulia non sai quanto mi sono commossa nel leggere il tuo blog tramite facebook!! Cosi ho deciso di seguirti.
non vedo l'ora di fare questo passo anch'io, il mio progetto è quello di andare a vivere fuori dall' Italia ma prima devo sistemare molte cose.
Quello che manca in Italia è una mentalità più aperta. Il posto dove lavoro io attualmente è composto da colleghi ignoranti e oserei dire maleducati nei confronti di persone straniere

Francesca ha detto...

Comunque settimana prossima ho deciso di mollarlo.. è un lavoro che non mi piace ...si perchè purtroppo non pensano al cliente ma solo a come fare più soldi..a volte pur di vendere si inventano di tutto!
Intanto stò cercando ovunque il mio lavoro, quello per cui ho studiato, anche all'estero..
Un saluto e tanta ammirazione
Francesca

Giulia ha detto...

@ Francesca... spero che vada tutto bene i migliori auguri! Comunque anche se non trovi il lavoro per cui hai studiato, ma uno qualunque, cambiare aria non può che farti bene

Silvia ha detto...

Che ricordi !!! E pensare che erano solo 6 mesi fa :-)))
Vedo che le stesse cose che ho pensato io le pensi adesso anche tu.
Domani ci vediamo a casa !

Unknown ha detto...

Ma certo che facciamo un giro! Dateci il tempo di smantellare il primo accampamento e organizzare il secondo! Oggi abbiamo portato di là un po' di scatoloni...

Mi pare che questa crisi stia dando spazio agli psicopatici, una volta venivano emarginati e isolati, adesso no. Se hai problemi caratteriali, sei maleducato e aggressivo, se cammineresti sulla testa di tua medre, se sei vigliacco e incompetente, se non hai nessun altro interesse al di fuori del lavoro... ecco, abbiamo un posto x te, ti mettiamo a capo di un gruppo di persone.

Marghe ha detto...

Che Bello! La mia unica esperienza di lavoro all'estero (Istituto Pasteur di Parigi) è stata una via di mezzo tra quanto descrivi e la routine italiana: il primo giorno tutti mi hanno accolto, mi hanno dedicato tempo, mi hanno illustrato il loro lavoro, le strutture, gli strumenti. Però... il secondo giorno mi hanno detto: ecco, ora sai tutto, fai le tue cose.
Certo, se volevo potevo sempre chiedere consigli e trovavo grande disponibilità, ma all'inizio imparare a destreggiarmi in completa autonomia non è stato facile. Tuttavia è stato molto istruttivo.